La “scommessa” lanciata da una squadra romana e i progressi per ragazzi con problemi dello spettro autistico
Una palla calciata da un bambino, una corsa per riprenderla e passarla a un altro bambino, un adulto che sembra divertirsi anche lui a calciare la palla. Chissà perché, laddove c’è qualcosa di più o meno sferico che rotola, vedi subito qualcuno che corre per conquistarne il possesso e difendersi dal contrasto con l’avversario, in qualsiasi parte del mondo. Si direbbe che la palla sta all’essere umano come il bastoncino sta ai quattro zampe più vicini all’uomo: basta tirarne uno per iniziare il gioco in maniera irresistibile! In me sono vive le immagini di ciò che accadeva nel campo dell’oratorio dei Salesiani: una torma di ragazzini tutti appresso alla palla, come uno sciame, tutti verso l’unico obiettivo, chi più veloce, chi meno, tutti dentro lo stesso gioco. Tutti, preti compresI!
Ma quando si parla di scuola calcio il discorso cambia, perché bisogna corrispondere alle caratteristiche di un aspirante calciatore “normale”: corsa, scatto, attenzione, tecnica, precisione, abilità nel tiro, nel difendere la porta, nell’affrontare l’avversario. Insomma, i ragazzi con disabilità non hanno scampo, perché non hanno i requisiti per accedere al gruppo da formare, si direbbe che rappresentano un ostacolo al programma di preparazione dei calciatori in erba. Le famiglie dei bambini con disturbo di sviluppo si trovano di fronte a mille insuccessi quando si cimentano nella ricerca di un’attività motoria per il figlio disabile, e le difficoltà diventano insormontabili se il figlio sogna di fare calcio, poiché si rischia di rallentare i ritmi degli aspiranti campioni.
Eppure c’è chi da alcuni anni ha lanciato una coraggiosa scommessa che dimostra come si riesca a far vivere l’esperienza della scuola calcio anche a ragazzi e ragazze con grave disturbo del neuro sviluppo, con allenamenti bisettimanali persino sotto la pioggia, come fanno i “duri” di un vivaio. È il quinto anno che mi ritrovo coinvolto in questa bellissima avventura presso i campi de La Petriana, insieme alla squadra di dirigenti ed operatori dell’Asd Accademia del Calcio Integrato, in un contesto dove davvero cambia il punto di vista.
Come avviene in tutti i settori educativi, si tratta prima di tutto di istituire un rapporto di fiducia e far sì che le potenzialità di ciascuno possano essere espresse all’interno di un progetto individuale condiviso con gli amici del gruppo. In questo senso, l’azione terapeutica del gruppo si riflette sul percorso formativo che viene intrapreso con il proprio o la propria coach, scelti nell’ambito di un team di allenatori e psicologi sportivi supervisionati dall’equipe clinica. È un lavoro costante di assestamento, che mira a fronteggiare le criticità che inevitabilmente si presentano con maggiore o minore severità in relazione alle caratteristiche individuali del quadro clinico. In tal modo, ognuno ha un proprio spazio e un proprio ruolo, tutti con gli stessi obiettivi codificati dalle regole del gioco: tutti difendono la propria porta, tutti mirano a tirare nella porta avversaria, tutti rispettano i giocatori in campo e le decisioni degli arbitri.
Uno studio longitudinale mirato a testare le abilità sia sul piano delle autonomie personali sia su quello delle competenze sociali, ha dimostrato la qualità dei progressi che si ottengono, anche nelle funzioni neuropsicologiche di base, già nel breve termine, già nel periodo delle settimane del centro estivo. L’inserimento sistematico nel training implementa le capacità relazionali e sollecita l’attivazione degli “span” comunicativi. Si osserva un netto miglioramento delle disprassie (i disturbi che comportano difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane) e della goffaggine, poiché si affina la coordinazione motoria e il controllo dell’equilibrio. Allo stesso modo, si ha un sensibile recupero sul piano dell’autostima con l’adattamento progressivo rispetto all’immagine di sé.
Accade che Francesco, bambino con Disturbo dello spettro autistico, che comunicava quasi esclusivamente con le frasi dei cartoni e che andava in frustrazione ad ogni minima difficoltà, che non riusciva a saltare un ostacolo di quindici centimetri e non aveva nemmeno la percezione di quale fosse il campo proprio e quello degli avversari, adesso si impegna per raggiungere la porta dell’altra squadra, riesce ad eseguire correttamente gli esercizi proposti dal mister, non si dispera se c’è uno scontro con un altro bambino, piuttosto va a consolarlo chiedendogli scusa. Come si dice, la palla è rotonda, ma lo è proprio per tutti! (Roberto Rossi, neuropsichiatra infantile)
Fonte: RomaSette.it
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