Giulio aveva paura della pioggia. Ma c’era un pallone da inseguire e chissene venisse giù pure la tempesta. Anna con le mani sempre dietro la schiena e Maria sull’orecchio, ma per fare gol si sono liberate di se stesse. Nomi di fantasia e vite vere, quelle oltre il silenzio. È lo strano caso del calcio giocato a Roma e da (quasi) nessun’altra parte. Trenta bambini dai 6 ai 12 anni con disabilità psicomotorie di vario livello, l’80 per cento con autismo, provenienti dalle scuole pubbliche della capitale per partecipare a “Calcio insieme”, un programma iniziato due mesi fa e nato dalla collaborazione tra la Fondazione Roma Cares e l’Associazione dilettantistica “Calcio integrato”.
Finanziato dal club di Totti, con l’appoggio del Coni e del Cip, è gratuito per i ragazzi e le famiglie. Entusiaste. «L’attività di charity costruisce l’identità di un campione e di una società, che non è proprietario di un valore, ma solo custode» spiega Catia Augelli, responsabile della ong benefica del club. Il direttore generale, Mauro Baldissoni: «La Roma è una grande piattaforma sociale che vuole restituire opere ed esempi alla collettività».